Ausstellungskatalog 49. Esposizione Internazionale d'Arte

Platea dell'umanità; plateau of humankind; Plateau der Menschheit, plateau de l'humanité. Vol. 1

La biennale di Venezia. 49. esposizione internazionale d'arte, Bild: Vol. 1. Milano: Electa, 2001..
La biennale di Venezia. 49. esposizione internazionale d'arte, Bild: Vol. 1. Milano: Electa, 2001..

[Esposizione; (Venezia: 49. Biennale, Giardini di Castello, Arsenale, 10.6. - 4.11.2001); dir.: Harald Szeemann]. Insgesamt 2 Bde. Sprache: Italienisch (der Katalog ist auch in einer Englischen Version erschienen)



Erschienen
2000

Herausgeber
Szeemann, Harald

Verlag
Electa

Erscheinungsort
Venedig, Italien

Umfang
415 S., zahlr. S.-Abb. u. Taf. (überw. farb.)

Seite XIV im Original

La piattaforma dell’amicizia — la Critica della Verita!

Problemi creano legami più forti delle credenze

Per i cittadini ateniesi la piattaforma era l'Acropoli; per i successori di Alessandro il Grande la Cima dell'Aimone; gli antichi Romani chiamavano la piattaforma della loro civitas Campidoglio; i primi umanisti vi salivano sopra come il Petrarca, chiamandola Mont Ventoux; nell’era dell’assolutismo la piattaforma, una collina di comando, era simile al tumulo di una tomba; gli eroi fondatori della nostra civiltà moderna, nel XVIII secolo, la identificarono con il Tempietto dell’amicizia dei parchi inglesi. Goethe scelse il Guardiano della torre ("nato per vedere, eletto per guardare") come vedetta della torre di guardia. Nel XIX secolo la piattaforma assunse l’aspetto dei piedistalli rialzati di monumenti e opere d’arte e nel XX secolo essa fu elevata a pulpito del Führer e alle sonde da ricognizione dei satelliti.

La piattaforma è quindi sempre stata una costruzione che rendeva possibile uno sguardo d’insieme, un’osservazione attenta, sotto forma di teoria e supervisione.
Chi vuole guidare, rivelare, ispirare, deve dimostrare di essere un visionario; non deve però assumere una posizione rigida, bensi guardare il mondo a 360°, considerandolo come un tutto unico, globale. Deve diventare un supervisionario. Solo lo sguardo panoramico ne garantisce la continuità, soltanto il modello chiaro di una visione d’insieme è garanzia di dimensioni proiettate verso il futuro, utopiche. Solo chi sa trasformare la semplice osservazione delle cose in uno sguardo d’insieme, costruendo una teoria, potrà spaziare con l’occhio oltre l’orizzonte della visibilità, nella sfera senza dove del pensiero.

Le "piattaforme dell'umanità" segnano, a migliaia, punti di osservazione, misurazione, riferimento, sotto forma di punti mediani o centri.

Esiste una sola tipologia dei rapporti umani che corrisponde a questo policentrismo: l’amicizia.
Non senza motivo al giorno d’oggi, vale a dire all’inizio del XXI secolo, i sociologi, gli esperti di scienza della comunicazione e gli artisti discutono appassionatamente sul significato dei vincoli di amicizia ai fini di una corretta evoluzione culturale, che è estremamente problematica. Questo ha indagato Neil Postman, il noto studioso della cultura con la sua ultima opera, Die zweite Aufklärung, Brücke ins 21. Jahrhundert. Un esempio valido è offerto anche dall’artista Nan Goldin con la sua strategia di presentare l’opera fotografica come struttura di un legame di amicizia. Fu leggendario il rapporto di amicizia tra Kippenberger, Oehlen e Buettner o tra il gruppo di artisti della Galleria Michael Werner: Lüpertz, Immendorff, Baselitz, Penck. Ovviamente, tutti loro e molti altri facevano riferimento alla Plastica sociale tramite il legame di amicizia di Joseph Beuys, alla Freie Universität con i suoi numerosi precursori nella storia delle affinità elettive.
Nel campo del design e delle arti applicate, campagne pubblicitarie come quella di Benetton (United Colors) o le campagne We are a family di alcuni grandi magazzini sono orientate verso le motivazioni storiche del legame di amicizia come tipico di comunità romanticamente sofferenti o di confraternite ottimiste; oppure verso la convinzione radicata che i gruppi di ricercatori costituisca una research family. A differenza, però, dalle comunità di lotta cospiratrici, dei fight clubs, dalle comunità a cui facevano capo le SS, o mafiose, o da quelle dei martiri religiosi, l’amicizia non pretende l’assoluta concordanza, ottenuta con il dovere di sottomissione e l'ammissione di colpa, come avviene sotto l’alta istanza della rivelazione divina o del regime dittatoriale.

Nei rapporti sociali l’amicizia diventa la tipologia coesiva dominante, perché ha effetto solo quando vengono meno tutte le caratteristiche standard derivanti dall’appartenenza a una religione, un partito, una razza, una nazione, ruoli generazionali, attitudini comportamentali. Attualmente questo avviene – anche se, per mezzo di guerre religiose (Irlanda del Nord), conflitti nazionalisti (separatisti baschi) o culturali (Ex-Jugoslavia), si continua a voler dare la sanguinosa impressione che le parti restino indissolubilmente legate alle loro convinzioni.
Spiriti più illuminati, quali dichiarano di essere i personaggi della scena artistica a partire dal XVIII secolo, sono i primi a non credere nemmeno all’irremovibilità delle loro convinzioni e dei loro stessi giudizi; essi fanno l’esperienza che soltanto conoscendo bene i propri pregiudizi ed essendo disponibili a metterli da parte si può portare avanti qualcosa di nuovo e diverso. Produttivo diventa solo chi si mette a confronto con la componente problematica delle sue convinzioni e dei suoi giudizi e che non si tira indietro di fronte ai dilemmi più profondi.

Per questo: viste le sanguinose conseguenze che comportano convinzioni troppo inesorabili, dovrebbe essere chiaro che riusciremo ad evitare nel modo più efficace omicidi volontari e involontari se abbandoniamo le convinzioni dogmatiche; al loro posto si dovrà sviluppare una coscienza durevole della problematica, della provvisorietà, della limitatezza di tutti i giudizi, anche se li si può giustificare come "veri".

Cosi, se in futuro gli uomini avranno ancora qualcosa in comune, che porta avanti e li protegge, allora non saranno convinzioni religiose, identità culturali o preferenze di stile o di gusto (per le quali già si combattono aspramente); piuttosto l’orientamento comune su problemi, principalmente quelli più difficoltosi da risolvere, in principio non risolvibili, è un incentivo a un sentimento comune di appartenenza: è questa, per l’appunto, l’amicizia. Perché, diversamente da un legame amoroso, tra madre e figlio, tra maestro e allievo o tra datore di lavoro e impiegato, l’amicizia offre accettazione e orientamento nella misura in cui si confidano all’amico o all’amica i propri dubbi, difetti, timori di fallire e le proprie mancanze in senso più generale.
Il legame di amicizia si dimostra come il più stabile, poiché non ci porta a disporre di certezze ma ci mette a confronto con la possibilità di dover affrontare problemi soverchianti.

Anche nel XXI secolo rimaniamo legati alla vecchia strategia e all’accordo degli artisti che continuano a definirsi artisti dell’avanguardia. Hanno creato una loro coscienza in relazione alla capacità di trasformare tutte le certezze in problematiche; erano maestri nel portare alla luce problematiche nuove – addirittura laddove scienziati e imprenditori non ne vedevano. Dal Rinascimento in poi gli artisti hanno dimostrato sistematicamente che i problemi non si possono risolvere, ma che si può soltanto imparare ad averci a che fare – ecco perché ingegneri e imprenditori deridevano gli artisti, considerandoli dei guastafeste, rappresentanti del negativismo. Nel frattempo tutti loro hanno invece compreso che i problemi si possono risolvere solo creandone degli altri. In questo senso, come "inventori" di problemi, gli artisti sono sempre stati importanti, mentre uno scolaro si sarebbe reso ridicolo affermando di poter sopperire ai deficit del suo maestro con l’esercizio e perfezionamento. E gli attivisti della scena artistica sono sempre stati geni dell’amicizia, i cui stimolatori si chiamavano curatori, o editori, o collezionisti, o intermediari. È significativo che un tale genio dell’amicizia, che da 35 anni agisce sulla piattaforma della supervisione con grande efficacia e che ha ridefinito le tipologie del curatore, dello sceneggiatore, dell'intermediario, si avvalga anche per l’edizione 2001 della Biennale di Venezia del concetto di Piattaforma. È l'unico concetto nel quale possiamo riporre la nostra fiducia, attingendo al XVIII secolo e alla storia dell’era moderna, senza voler soltanto fare delle speculazioni o senza voler creare a tutti i costi un proselitismo entusiasta con il metodo della ricompensa o della punizione.
Colui che rinfaccia a Harry Szeemann di presentare già da lungo tempo, nell’occasione di grandi manifestazioni, la comunità dei suoi amici, non ha capito che ci si mette in relazione con l’arte e gli artisti perché si può sempre far conto sulla coscienza dei problemi che ci accomunano. Gli amici sono uomini dai quali ci si può aspettare di essere accettati proprio a causa dell’esemplarità delle nostre lacune, dei nostri fallimenti e della nostra penosa limitatezza. Solo tra amici mi posso rivelare come in nessun’altra circostanza, in cui sono determinanti potere, fama e danaro. Solo gli amici comprendono il loro operato e il loro valore tramite l’impotenza della potenza, l’inflazione della fama fugace, la perdita al gioco, la realizzazione, sotto forma di capitale, a scapito del nostro potenziale creativo.
A questo scopo l’indimenticabile Piero Manzoni ha creato la meravigliosa piattaforma di un Socle du Monde: l’amicizia sostiene il mondo, invece di farsi riprendere – incoronata – sul suo palcoscenico.

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